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8 Giu 2020

Lontano lontano – Gianni Di Gregorio

Aiòn, Incantesimo e Lontano lontano, tre racconti sulla famiglia e l’amicizia, sulle catene che ci legano e i fallimenti in cui inciampiamo scritti con grazia e lessico aulico, dolci e amari, in cui il vino fresco scorre a fiumi e allieta i pensieri bui.
Non c’è mai autocommiserazione nei racconti di Di Gregorio, ma la semplice constatazione che quel che si è fatto non ha funzionato, o che non si è fatto nulla se non fluire nel lento vivere lasciandosi trasportare. E allora si brinda non tanto per dimenticare quanto per distrarsi e rallegrarsi finché si vive senza smettere di sognare. Tre racconti leggeri che poi in realtà così leggeri non sono, perché i fallimenti hanno le loro conseguenze e i rapporti che intercorrono tra i figli e le madri hanno tutto il peso della tragedia greca, ma Di Gregorio riesce sempre a mettere misericordia nella solitudine, a farci empatizzare con tutti i personaggi e a strapparci un sorriso lieve e ironico.

E infatti si sorride mentre si legge di queste madri paffute, vedove, chiocce all’apparenza miti, bisognose di accudire ed essere accudite che ingabbiano con dolcezza i loro figli maschi e che i figli ricambiano con cibo, perette e clisteri e soprattutto con la scelta di non lasciarle, in un turbinio muliebre che non porta mai all’amore. Madri che sembrano riuscire ad includere tra gli ingredienti dei piatti e della vita un comandamento: non avrai altra donna all’infuori di me.

Roma risplende e abbaglia con la sua bellezza, una grande madre amata che immortale accoglie e non giudica, abituata da millenni ad osservare storie simili a quelle dei protagonisti dei racconti. Ed è proprio la grande madre Roma che i tre amici del terzo racconto, anche se forse vorrebbero, non riescono a lasciare.

“Non c’era nessuno, non c’erano panini ma cocomeri affondati nel ghiaccio. Ne affettarono uno con un coltello preso dietro al bancone e lo mangiarono. Per fortuna era dolce.” I padri sono totalmente assenti e gli osti di Trastevere, del Gianicolo e dei Colli sono i porti sicuri in cui ristorarsi, i luoghi dove evadere per qualche ora che non pongono regole, ma offrono anzi l’ennesimo bicchiere o l’ultimo boccone consolatorio, anche quando non ci sono.

La cucina e i piaceri del palato sono il sapore della vita di tutti i protagonisti dei racconti, che trovano nei piatti quella pienezza assente nelle loro vite.

Dal primo racconto, Aiòn, Di Gregorio ha tratto nel 2008 Pranzo di Ferragosto, Premio Venezia opera prima e David di Donatello come miglior regista esordiente, film caratterizzato dalla stessa grazia. Nel 2019 ha scritto, diretto e interpretato Lontano lontano, ultima interpretazione di Ennio Fantastichini, deceduto al termine delle riprese.

Essere figli di genitori non bisogna mai. Eraclito

8 Apr 2020

Riflessioni di Robison davanti a centoventi baccalà

Chi mi conosce lo sa, con il baccalà ho un rapporto di amore parentale che mi accompagna dalla nascita e proseguirà fin che campo.
Quando è iniziata questa strana quarentana e dalla città e dai miei libri mi sono spostata in natura tra le piante avevo una decina di minuti per scegliere che libri portare con me e oltre ad Ada che era già nella borsa, oltre ad Anna di Ammaniti del quale ho letto la prima pagina e ancora un po’ e muoio di paura, senza indugio come fosse un breviario ho afferrato lui: Riflessioni di Robison davanti a centoventi baccalà di Manuel Vázquez Montalbán, una novella di humour gastronomico edita da Frassinelli nel 2000 che ho letto, riletto e straletto.
Narra di Robinson, un novello Robison Crusoe, ex vescovo riciclatore di denaro per il Vaticano e gran gourmet, che durante una navigazione solitaria naufraga su una deserta isola caraibica e incapace di accendere un fuoco, assolutamente inadatto a fare alcunché passa il tempo a discettare di filosofia e alta cucina tra riflessioni sardoniche e lascivi ricordi erotico gastronomici.
A fargli compagnia come per magia una scatola di baccalà portata dalla corrente.
Riflessioni di Robison davanti a centoventi baccalà è una novella in parte autobiografica: “cucinare è come scrivere, è un lavoro manuale che richiede applicazione. E mangiare significa comunicare” dice Montalbán, vero gourmet perseguitato dal colesterolo, col cuore che fa cilecca e la mania di bruciare libri nel caminetto, per il quale era impensabile una vita senza cucina e senza fuoco a disposizione.
Giochi di parole, aromi, ironia, citazioni latine, riflessioni anticlericali, ricette luculliane e il ricordo dell’appagante sesso con la bella e pelosa Muriel che rifiutava di radersi le gambe, in cui noi donne ci riconosciamo particolarmente in questi giorni lontano dall’estetista, fanno di Riflessioni di Robison davanti a centoventi baccalà una lettura attuale e assai godibile.
Buon divertimento!

In abbinamento ecco servita una ricetta del Talismano della felicità, la penultima del capitolo Pesci conservati. Ci sarebbe voluto lo stoccafisso, ma a disposizione ho solo un baccalà, del resto “Nihil facimus non sponte Dei”. (altro…)

20 Mar 2020

25 modi per cucinare un topo – Per il gatto buongustaio

Orson Bean, 25 modi per cucinare un topo – Per il gatto buongustaio, trad. dall’inglese di Andrea Di Gregorio e Micia, Sonzogno, Milano, 1994

Si è fatto un gran parlare di topi e di quale sia il miglior modo per assaporarli.
Io ero certa di avere il libro utile a dirimere tante questioni e suggerire nuove possibilità, un piccolo tascabile che ormai temo sia introvabile che fortunatamente sono riuscita a ritrovare tra i miei sacri testi di cucina.
25 modi per cucinare un topo è un ricettario indispensabile per fare la felicità dei vostri gatti buongustai, all’interno del quale scoprirete tante ricette sfiziose per deliziare il palato del vostro amico peloso.
I gatti si sa sono creature estremamente esigenti, quindi le ricette sono molteplici e spaziano dalla cucina creola alla cucina francese, dal topo in guazzetto a quello in sformato, fritto o alla brace perché a quanto pare – sappiatelo – gli unici ad apprezzare il topo au naturel sono i gatti aborigeni australiani. Tutti gli altri mici preferiscono assaporare i topi cotti, continente che vai ricetta che trovi. I gatti nordamericani amano molto i Maccheroni al sorcio, eccezion fatta per quelli chicanos di Los Angeles abituati ai Burritos con Ratón; i gatti del Vaticano prediligono la Pasta con polpette di topo; i gatti rabbini impazziscono per il Biancostato di topo lesso; i gatti indiani optano ovviamente per il Topo tandoori; quelli tedeschi adorano il Ratwurst alla birra; i gatti cinesi apprezzano molto il Topo con funghi e bambù, mentre per i mici anziani è molto adatto il Toast di topo in scatola alla besciamella. Se siete invece in compagnia di un gatto tanto pistino quanto buongustaio vi raccomando di preparargli per i giorni speciali la Zuppa di coda di topo, ricetta “riservata esclusivamente ai palati felini più raffinati che nessun peloraso comune prenderà mai in considerazione.”
Fondamentale per il benessere del vostro amico peloso e per la riuscita di ognuna di queste ricette è l’aggiunta dell’erba gatta, indispensabile in ogni preparazione.
Nel caso abitaste a Venezia ricordate che una pantegana equivale a 10 topi.
Personalmente senza nulla togliere alle altre sugose preparazioni – Topo fritto alla sudista, Pasticcio di topo in crosta, Filetto di topo al pepe verde, … – la morte del topo secondo me è il Topuzzello in carrozza, ma visti i tempi vi scriverò la ricetta preferita dai gatti yuppies di Milano, le celebri Polpette di topo alla milanese “appetitose e una tira l’altra, vengono tradizionalmente servite nelle notti di luna piena, quando i vecchi amici mici si ritrovano a parlare dei vecchi tempi e a fare un po’ di baccano proprio sotto la vostra finestra ”
Ricetta: “Aggiungete un uovo ben sbattuto (un uovo ogni 10 topi) e dell’erba gatta sminuzzata a della polpa magra di topo finemente tritata. Insaporite con sale, paprika e salsa Worchestershire. Aggiungete una piccola quantità di pane grattato grossolanamente e formate delle polpette di 2 cm di diametro. Fatele dorare in una padella insieme a una noce di burro. lasciatele cuocere per un po’ a fuoco lento. Gnam gnam.”
Vini consigliati in abbinamento: Sorcetto d’Alba o Cabernet Topignon delle colline di Gerusalemme (kosher)
Buon appetito!

11 Dic 2017

Le ricette di Petronilla a cura di Stefania Barzini

Stefania Barzini

Anni fa ebbi il piacere di conoscere Stefania Barzini.
Mi invitò a Roma a partecipare ad una conferenza su Ada Boni, mi aprì le porte di casa, mi ospitò e assieme cucinammo per la sua famiglia e i suoi ospiti una cena con le ricette di Ada. Era il 21 maggio 2015.

Stefania: scrittrice, giornalista enogastronomica, cuoca sopraffina, consulente nell’organizzazione di eventi e manifestazioni legate al cibo, pilastro della gastronomia italiana, autrice di Folle Casseruola e instancabile giramondo è una donna fuori dal comune dotata di una vitalità e di un’ironia contagiosa corroborate da un acuto senso critico.

Le ricette di Petronilla

Stefania lunedì 18 dicembre sarà a Torino al Circolo dei Lettori a presentare Le ricette di Petronilla, un volume edito da Guido Tommasi Editore in cui Stefania ripropone, rilegge e reinterpreta le ricette di Petronilla, “la cuoca che non fu mai cuoca“.
Chi è Petronilla?
Sotto questo ironico pseudonimo si nasconde un’altra donna, Amalia Moretti Foggia (Mantova 1872, Cusano Milanino, 1947).
Amalia alias Petronilla: pediatra affermata, femminista ante litteram, sempre impegnata ad aiutare le famiglie meno abbienti, amica di Ada Negri e nel tempo libero – per quanto potesse averne – collaboratrice del Corriere della Sera con due rubriche settimanali incentrate una su consigli medici e igienici a firma Dr. Amal e una su ricette semplici che potessero essere preparate con i pochi prodotti a disposizione a firma Petronilla.
Curiose di saperne di più?
E allora non perdetevi l’occasione di andare ad ascoltare Stefania Barzini che racconta la vita e le ricette di Petronilla:
lunedì 18 dicembre, ovvero il prossimo lunedì, al Circolo dei lettori.
Siateci!

3 Giu 2015

Pullecenella nun more maje!

indiceSquaz L’EREDITÀ pp. 180, € 21, GRRRz Comic Art Book, Genova 2014

L’Eredità di Pasquale Todisco è un fumetto-ricettario, in un certo senso sfuggente, che riconcilia lutto e gastronomia. Tutto inizia con la telefonata che avverte il protagonista, Pallino, che sua madre è in fin di vita, ma dopo poche pagine, un volo aereo lungo un migliaio di  chilometri che lo riporta a casa e un manifesto funebre che omaggia tutti i celebri protagonisti della commedia dell’arte napoletana, la realtà cambia percorso, le maschere lasciano spazio all’onirico e l’eredità, nella migliore tradizione partenopea, prende la forma del  ricettario di famiglia: dall’antipasto al digestivo, dalle anguille a scapece agli zelten. Con la fisionomia nascosta dalla maschera di Pulcinella, madre e figlio si ritrovano nella di lei camera da letto, l’una comodamente sdraiata nel letto matrimoniale e l’altro appollaiato sulla sedia, circondati da pillole di varia provenienza, rosari che si annodano da soli e sveglie, portagioie, telefoni e madonnine di Lourdes che  vociferano tra loro quando nessuno li sente.

eredità

In questa stanza fuori dal tempo, dove il letto matrimoniale rappresenta il ring attorno e dentro il quale i due protagonisti si affrontano, madre e figlio interagiscono e si scambiano ruoli, frecciate, consigli e ricette senza quasi capirsi mai. La lotta però lascia il campo alla farsa e la tragedia edipica si risolve in commedia dell’arte: in un clima magico folcloristico dove la mistica Natuzza fa sentire alla madre la sua vicinanza dall’aldilà, Pallino è ben lungi dall’essere un eroe carismatico e il padre, figura di beckettiana memoria, invece di venire drammaticamente ucciso è semplicemente assente. “Quell’uomo non ha il senso del tempo”, dice di lui la moglie. Sempre in giro a fare commissioni delle quali puntualmente si dimentica, non viene mai raffigurato, ma solo citato nei discorsi e atteso quanto Godot.

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